giovedì 24 novembre 2011

Perchè?

Oggi, tra un problema familiare e l'altro, leggevo questa lettera di Paolo inviata al giornale La Repubblica:

Caro direttore, quella che sto per raccontare è una storia di quelle che “capitano-soltanto-agli-altri”. Una di quelle vicende che arrivano inaspettate, senza un significato o magari il significato è proprio in questo scrivere. È una storia di strada, di violenza, di leggi di clan, di bullismo, di paura, coraggio, lacrime e tanti abbracci. Nel mio braccialetto, qui in ospedale, c’è una data, 19 novembre 1976, è quando sono nato. E c’è un’altra data sopra: 19 novembre 2011. Le infermiere sorridono e mi dicono «buon compleanno». Forse non lo sapevano i tre ragazzi di una banda di bulli in Via Torino, in pieno centro, intorno alle 19.30, fra i negozi aperti e la gente che passeggiava con i primi acquisti di Natale.

Tre ragazzi di una banda, una delle tante – mi dicono al commissariato – che hanno dato sfogo a una violenza senza significato. Contro me e contro il mio compagno William. Vorrei potervi dire che questa vicenda si aggiunge ai tanti episodi catalogati come violenza omofobica, almeno avrebbe avuto una sua nobiltà di cronaca e un suo significato semplice. Ma no. Si è trattato di una banale violenza, senza significato e senza motivo, solo di una banda di ragazzi minorenni forse filippini, forse sudamericani, non so e non conta neanche tanto.

Erano tre e poi sono diventati tanti. Spintoni e pugni, tanti pugni. In quel momento non capisci bene cosa stia accadendo. Pensavo solo “copri il volto, copri il volto”. L’ho fatto e sono finito contro una serranda. Poi ho aperto gli occhi, c’era William che mi diceva di stare tranquillo, che era tutto finito. Aveva un occhio nero e sangue ovunque che gli scendeva dal naso. Ma era in piedi. Tanta gente intorno a noi ma nessuno aveva chiamato la polizia. Ci hanno raccontato che a salvarci è stato un ragazzo di colore, forse anche lui non proprio in regola visto che al momento dell’arrivo dell’ambulanza è fuggito via. Forse non aveva il permesso di soggiorno e secondo me lo meriterebbe. Ero lì contro la serranda aspettando che finissero. Non c’era nessuno ad aiutarci; forse le tante persone accanto a noi avevano le mani impegnate a reggere le borse del loro scintillante shopping.


Dei ragazzi non italiani ci hanno picchiato, un ragazzo non italiano ci ha salvato. In ambulanza guardavo William con i lividi mentre piangevo e non sapevo fare altro. Con la testa che rimbombava, tra le mani dell’infermiera. Ci guardava con gli occhi comprensivi di una donna che forse ne ha viste tante di scene come questa, sicuramente anche peggio. Ma per noi era la prima volta e peggio di così è difficile immaginarla.

Ci sono tante domande in tutta questa storia. Perché tanta violenza? Perché non c’era nessuno a intervenire? Come è possibile in pieno centro a Milano essere aggrediti così? Dove sono le autorità che dovrebbero vigilare? Qualche ora al Policlinico, Tac, radiografia e visita neurologica. Tante persone in gamba, professionali. Io intanto guardavo il mio William, che mi sorrideva con il labbro rotto, ed era un modo per dirmi «cisiamoancora». Oggi, the day after, i lividi sono più viola, la testa batte un po’ di più, ma soprattutto ci sono quegli attimi di violenza, quel lampo in mezzo a una passeggiata che non vogliono andare via. Andranno via presto, lo so. Ma non dovrebbero. Non se prima non riusciamo qc ottenere una città più sicura, a cambiare in noi stessi quell’atteggiamento di indifferenza e paura. Paura nel dire, nel fare, nel denunciare.

Al comando di polizia siamo stati per un paio d’ore. Ci dicono che si è trattato di un episodio di bullismo, uno dei tanti. Di quei ragazzi un po’ rapper, con le croci appese alle felpe, croci senza significato, un po’ come la mia firmata da stilisti famosi. Mi ripetevo: extracomunitari uguale violenza e delinquenza. Poi è iniziato il fotoriconoscimento: tantissimi ragazzi minorenni, senza guida. Erano tanti, tutti liberi, tutti fuori, tutti in giro in tante Via Torino. E, sorpresa, c’erano italiani, filippini, africani, cinesi, italiani, inglesi, sudamericani e ancora italiani. Perché in fondo la violenza, purtroppo, non ha nazionalità.

Io e il mio William siamo qui a raccontare questa storia perché siamo stati fortunati. I nostri lividi e dolori passeranno, come spero tornerà presto quella leggerezza nel passeggiare nel centro illuminato di Natale di questa bella città. Sono Paolo, e passeggiavo in Via Torino alle 19.30 di sabato sera.

E io mi ridomando per l'ennesima volta che senso ha tutto questo? Qual è il fine di un tale atto di gratuita violenza? Gli sferri un pugno in faccia perchè è diverso da te? perchè ama in maniera diversa da te? o magari ama come te e, solo per un incomprensibile pregiudizio, non intendi accettarlo? Pensi che solo per il fatto che loro siano diversi da te, sei autorizzato a ricorrere alla violenza? 

Incomprensibile poi è la provenienza di questo gesto, "non italiani" che si lamentano giustamente di essere oggetto di atti di razzismo e poi, invece, loro stessi ne commettono. Tutto ciò è assurdo, tutto ciò è pura follia. Posso capire che ti faccia schifo vedere due uomini baciarsi e andare mano nella mano, ma questo non ti giustifica ad usare violenza contro di loro. Sarei tentato di dire "in che paese di cacca viviamo", invece poi ripenso che questi atti di intolleranza ci sono sempre stati fin dalla notte dei tempi e allora auspico che la ragione e la cultura invada le menti di questi stolti affinchè comprendano il significato dei loro miserevoli gesti.

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2 commenti:

24 novembre 2011 alle ore 22:33  

Premetto facendo gli auguri più sentiti a Paolo per una pronta guarigione soprattutto morale.

Ma mi pongo una domanda: sei sicuro che tutto sia dipeso dal fatto che erano 2 ragazzi omosessuali? Questo dubbio mi sorge perchè purtroppo è all'ordine del giorno il pestaggio di singoli, coppie etero od omo in qualsiasi città, anche nei piccoli centri.
Puoi dirmi: io mi baso su ciò che scrive in premessa, su ciò che gli hanno detto in commissariato.
Sono dell'idea che la violenza di questi ragazzi teppisti non ha colore sessuale: ha un solo colore: IL BULLISMO, IL FARSI VEDERE GRANDI, IL FARSI APPREZZARE DAGLI AMICI COME DEI VERI MACHI.

Almeno questa è la mia speranza; ove avessi del tutto torto allora hai perfettamente ragione: siamo veramente in un paese di cacca :((((((

MirkoS 25 novembre 2011 alle ore 09:05  

@Dario forse sarà pure come dici tu, ma i miei perchè non trovano comunque risposta. Mi rifiuto di pensare che un gruppo di ragazzi vada in giro a picchiare coppie a "random". Ci sarà pur sempre un qualcosa che fa scattare in loro la molla della violenza e questa può essere la semplice effusione omosessuale che loro non gradiscono.

Da quello che ne sò le coppie etero non vengono assalite in questo modo, l'obiettivo dell'agressore è quello di violentare la ragazza, ma non ho mai sentito di coppie etero picchiate a sangue in pieno centro a Milano senza un benchè minimo motivo.

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