mercoledì 10 agosto 2011

Terrore, Speranza, Rinascita.

Ci sono giornate che speri non si ripetano mai più. Attimi che ti cambiano irrimediabilmente la vita. Notizie che dall’altro capo del telefono ti lasciano senza fiato. Ti travolgono, ti pugnalano, ti tramortiscono. Perché a volte, la verità, è come un arpione che ti penetra lo stomaco e vi resta aggrappato con le possenti ali d’acciaio. Il respiro si interrompe, stretto nella morsa del dolore.
Un dolore che non è fisico ma è come se lo fosse. Improvvisamente il cervello cerca di rispondere a tutti quegli stimoli ma non riesce a tenere testa a quella galoppata di pensieri che si imbizzarriscono in un crescendo di terrore. Cerca di prendere il controllo della situazione, di dirti che, in un angolo remoto, c’è ancora una flebile speranza che tutto andrà bene. Ma è come cercare di tenere acceso un cerino durante un diluvio.

Poi la corsa in ospedale, le ore di attesa. I cazzotti in pieno viso dei medici che troncano qualsiasi speranza sul nascere. Non c’è posto per le illusioni lì. Non c’è posto nemmeno per i sogni. Non c’è posto per niente che non sia la dura realtà dei fatti. Non c’è posto, se non per un letto con un’infinità di macchinari accanto.

C’è tanto posto per la paura.

Il tempo è il nemico peggiore. I minuti scorrono lentamente, come l’acqua di una bottiglia col collo troppo stretto. Il tichettìo dell’orologio diventa un suono terribilmente familiare, in quel posto che di familiare vorresti non avesse niente. E pensi a quanto tempo hai sprecato, a quanto è ingiusta la vita, a come tutto può cambiare in un secondo. E’ solo questione di tempo. Vorresti poter tornare indietro, smettere di procrastinare e non aver rimandato così tante cose nella convinzione che a 25 anni si ha il mondo in mano. 

Ci sono giornate che ti risucchiano giù, in un baratro profondo. Che ti fanno piangere da mattina a sera di disperazione, fino a quando stremato, senza nemmeno accorgertene ti addormenti. Ma anche i sogni talvolta non lasciano scampo. O se per pura ipotesi lo facessero, al risveglio c’è sempre la realtà che ti accoglie con la falce in mano, pronta a mietere quel barlume di tranquillità che nel sonno il cervello ti ha donato.

Vedere una persona che ami, lottare per la vita, ti distrugge. Vorresti darle parte della tua, se servisse a farla stare bene. Vorresti dormire anche tu, come lei, per non respirare più l’odore della paura. Vorresti avere la certezza che tutto andrà bene, che è solo un brutto incidente di percorso, che tutte quelle settimane avranno solo una risoluzione positiva. Ma l’unica cosa certa è che l’incertezza, quella si, è dura a morire. 

Tre lunghi mesi prima di poter di nuovo respirare. Tre mesi vissuti fino in fondo, pesando ogni parola, scrutando ogni espressione sul volto dei dottori, cercando qualsiasi appiglio per restare aggrappato alla speranza. Tre mesi fatti anche di preghiere, alla ricerca di qualcuno in alto che ascolti i tuoi lamenti. Ironia della sorte, lo stesso che idealmente li ha provocati. Ma mica ci badi, perché in quei momenti, credere in qualcosa male non fa.

E ora che tutto sta tornando alla normalità e che il peggio è passato, restano solo gli insegnamenti di questa brutta esperienza e le persone che in un modo o nell’altro hanno fatto parte di questo lungo cammino.

A cominciare da Andrea, il ragazzo che amo e l’unico uomo che vorrei sposare. Perché nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia lui era lì, pronto a sorreggermi e a tirarmi su per un braccio mentre il dolore mi trascinava giù. Spero di poter essere sempre alla sua altezza e di meritarmi l’amore di un ragazzo così speciale, ora e sempre.

Non abbiate mai timore di esprimere i vostri sentimenti e non vergognatevi di farlo davanti ad altre persone, anche che sia solo un “Ti voglio bene”. Perché per tanto tempo, uno dei miei dispiaceri più grandi, è stato proprio un “ti voglio bene” non detto quando avrei potuto farlo.

E quando state male, questi pensieri sono ulteriori spine nel fianco.

Gigi

5 commenti:

Anonimo 10 agosto 2011 alle ore 16:31  

Mi hai commosso, mi hai fatto piangere pensando a ciò che stavo passando esattamente 5 mesi fa in queste ore, in questi minuti................

Non avevo un'amica del cuore che stava lottando disperatamente contro la morte, ma avevo una candela che piano piano si stava spegnendo dopo anni ed anni di amore, di lavoro, di sacrifici per poter dare un pasto ai suoi 6 figli......
Ma ora, e finalmente direi, tu gioisci perchè hai visto che le sue e tue sofferenze si stanno diradando....
Sono poi rimasto colpito da una frase che hai scritto ma che prefrerisco non citare qui ......ma tenerla come ricordo di quel Gigi che sembra un duro in certi momenti ed in altri un tenero cucciolotto :D:D Io preferisco il secondo, colui che ha usato quelle espressioni di amore verso Andrea che mi hanno fatto venir la pelle d'oca.
E, anche se legge Andrea o gli altri, sappi che Manu TI VUOLE BENE.

Marco 10 agosto 2011 alle ore 18:12  

Io sono ammutolito. E' una cosa che devo ancora imparare a gestire...il distacco. Non ne sono capace. Non mi riesce.
Sono turbato. Le tue parole sono arrivare forte e chiaro nel profondo.
L'ultima parte è tanto vera quanto difficile.
Anche dire un "ti voglio bene", per me, costa fatica.
Ti abbraccio, sinceramente.

Gigi 10 agosto 2011 alle ore 22:44  

Manu, ora mi fai commuovere tu *_*
Se non altro, ora in parte conosco quel tipo di sofferenza che hai provato tu...In parte e per poco tempo, sebbene mi sia sembrato comunque un'eternità...

Marcolì, speriamo di imparare a gestirlo il più tardi possibile. E cazzo, ci sono momenti in cui ti penti veramente tanto di non aver espresso i tuoi sentimenti. Io quel giorno non l'ho fatto perchè c'era vicino mio padre e ti giuro che questa cosa mi ha tormentato finché non ho potuto farlo. E son stato "fortunato" ad avere avuto una seconda possibilità. Non sarebbe cambiato nulla, se non che almeno oltre al dolore non avrei avuto anche i sensi di colpa...

Vince Symo 11 agosto 2011 alle ore 20:03  

Questo post descrive esattamente quale era il mio stato d'animo, i miei pensieri qualche mese fa, quando una delle due persone che ti ha messo al mondo si è trovata in una situazione simile; ti posso capire, credo, profondamente, Gigi.

Riflessioni sui "ti voglio bene" non detti, mancati, sulla vergogna, l'incapacità sentimentale magari di farlo... - mentre senti che stai per perdere chi ami e ti assalgono il rimorsi per non averlo fatto e ne vorresti avere invece ancora il tempo, per rimediare... - sono arrivate a suo tempo come una lama conficcata nello stomaco, un groppo soffocante in gola, in un momento in cui già sentivi, anche prima, tutta la "stupidità" e l'inutilità (anche "convenzionali") alla fine di trattenere l'esternazione dei tuoi sentimenti nei confronti di chi ami e che a sua volta ti vuole davvero bene.
E allora cambi, cerchi di farlo. Diventi anche più fragile, ma più umano, più vivo...

Ti posso abbracciare forte (anche se solo virtualmente)?!? ;)

A presto.

P.S.: Scusami per il papello melodrammatico... e già t'ho detto che scrivi da dio?! Sì, già te l'ho detto. :P

Gigi 11 agosto 2011 alle ore 21:35  

Ricambio l'abbraccio fortissimissimissimo Vincenzino *_*

Un bacione...e non scusarti di niente, leggo quello che scrivi sempre con immenso piacere =*

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